Alessandro Bellan (1966-2014)

Ricordo di Alessandro Bellan

di LUCIO CORTELLA

Alessandro Bellan apparteneva a quella generazione di intellettuali post-ideologici, per i quali studiare Hegel, il marxismo occidentale, la Scuola di Francoforte era fondamentalmente un’esperienza concettuale, una sfida per il pensiero, e per i quali valeva la pena di misurarsi con una teoria filosofica, politica o sociale solo se essa apriva uno spiraglio nella verità  delle cose. Ma la verità, per Alessandro, non era semplicemente un concetto, era un’esperienza globale che comportava un modo di stare al mondo, la qualificazione dei rapporti con gli altri, la giustezza della propria condotta di vita, l’indignazione morale per ogni tipo di violenza e sopraffazione.

La sua formazione filosofica avviene all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove si laurea nel 1994 con una tesi su Adorno, un autore con cui non smetterà mai di confrontarsi, proprio perché in lui trovava due dimensioni che gli erano particolarmente congeniali: il gusto per l’argomentazione dialettica e l’apertura a un’alterità radicale, l’utopia di un mondo redento. Questa prospettiva ha caratterizzato tutto il suo percorso di studioso: quando ottiene un posto di dottorato e sceglie di studiare la Logica di Hegel, è ancora il tema dell’alterità al centro delle sue ricerche. Il volume La logica e il “suo” altro. Il problema dell’alterità nella Scienza della logica di Hegel (Il Poligrafo 2002), con cui riespone la sua tesi di dottorato, è la conclusione di una sfida intellettuale: trovare l’apertura all’alterità proprio nella logica hegeliana, ovvero in un autore cui era stata imputata la “chiusura” del sistema e il riassorbimento di ogni contraddizione e negatività in una supposta “sintesi” finale. Ma è di nuovo ad Adorno che rivolge le sue attenzioni filosofiche negli anni successivi: nel 2006 pubblica, sempre presso Il Poligrafo di Padova, un nuovo volume (Trasformazioni della dialettica. Studi su Theodor W. Adorno e la teoria critica) in cui condensa dieci anni di ricerche. Ne emerge un’immagine post-ideologica e “urbanizzata” del principale esponente della Scuola di Francoforte, in cui la dialettica si coniuga con l’intersoggettività e il linguaggio e in cui molti dei temi introdotti dalle generazioni francofortesi più recenti, come la comunicazione o il riconoscimento, trovano proprio in Adorno il loro nucleo originario e fondativo.

In tutti gli anni che seguono la conclusione del suo dottorato, a partire dal 2001, Alessandro Bellan si dedica all’insegnamento, avendo vinto un concorso a cattedra per le scuole superiori nella classe di Filosofia e Scienze umane, ma come si può vedere dalle sue pubblicazioni, non smette mai di fare ricerca ad alto livello. Cura (in proprio o in collaborazione con altri studiosi) la pubblicazione di un volume su Hegel (Hegel e le scienze sociali, in “Quaderni di teoria sociale” 2005), di un volume su Adorno e Heidegger. Soggettività, arte, esistenza (Donzelli 2005), la riedizione degli Studi di filosofia della società di Max Horkheimer (Mimesis 2011), rivedendone completamente la traduzione e scrivendone il saggio introduttivo e, infine la pubblicazione di un volume collettaneo sulla reificazione (Teorie della reificazione. Storia e attualità di un fenomeno sociale, Mimesis 2013). A scuola, nella città di Treviso, è un insegnante molto amato dagli studenti, sui quali esercita il fascino raro dell’intellettuale, ma è l’università il suo luogo d’elezione. Continua infatti a tenere seminari e conferenze, riceve anche un assegno di ricerca biennale (dal 2008 al 2010) e, infine, nel 2013 ottiene un posto di ricercatore nel Dipartimento di Filosofia e Beni culturali dell’Università di Venezia. Dalla tesi di laurea ha dovuto attenderlo per quasi vent’anni, anche se aveva maturato da tempo titoli e pubblicazioni. A volte l’università sa essere matrigna proprio con i suoi figli migliori. Ma in quell’università, da lui così tanto desiderata, rimarrà, purtroppo, solo un anno. Una malattia inesorabile e del tutto imprevedibile nei suoi esiti lo stronca il settembre scorso.

Alessandro non era la classica figura dell’accademico contemporaneo, non andava in giro per convegni e congressi, e quindi forse era poco conosciuto. Certo, aveva buone relazioni con altri studiosi, ma solo con coloro con i quali avrebbe potuto stabilire un dialogo franco e senza gerarchie, e dai quali pensava di poter realmente imparare qualcosa. La sua attività intellettuale andava in molte direzioni. Da oltre 15 anni curava il sito web del Seminario di Teoria critica dell’Università di Venezia (www.teoriacritica.it) e di cui nell’ultimo anno aveva assunto la direzione. I suoi numerosi interventi nel blog Prismi – Pensieri filosofici (http://prismi.wordpress.com) mostrano la sua versatilità e le sue molteplici competenze.

Il suo sguardo serio e sincero diceva tutto di lui: l’esistenza non era una passeggiata, il nostro stare nel mondo richiedeva impegno e la necessaria fermezza nel denunciarne storture e manchevolezze, la sistematica violazione dei diritti non poteva essere accettata. Ma è nella sua attenzione per “l’alterità” che risiede il suo testamento spirituale: l’aspirazione utopica verso una società emancipata in cui gli esseri umani non avrebbero più sofferto per le ingiustizie e in cui ogni crudeltà, anche quella nei confronti degli animali, sarebbe stata definitivamente bandita.

Articoli di Alessandro Bellan sul blog filosofico “Prismi

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